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|  Giacomo Leopardi
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|  L’infinito
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   Giacomo Leopardi
   L’INFINITO


   L’infinito [1 - Testo tratto dal secondo manoscritto autografo (Visso, Archivio Comunale)]


     Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
     E questa siepe, che da tanta parte
     De l’ultimo orizzonte il guardo esclude.
     Ma sedendo e mirando, interminato
     Spazio di là da quella, e sovrumani
     Silenzi, e profondissima quiete
     Io nel pensier mi fingo, ove per poco
     Il cor non si spaura. E come il vento
     Odo stormir tra queste piante, io quello
     Infinito silenzio a questa voce
     Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
     E le morte stagioni, e la presente
     E viva, e ‘l suon di lei. Così tra questa
     Infinità s’annega il pensier mio:
     E ‘l naufragar m’è dolce in questo mare.



   L’infinito [2 - Testo tratto dalla “Letteratura italiana: testi e critica con lineamenti di storia letteraria”, vol. 3, di Mario Pazzaglia. Ed. Zanichelli. Prima edizione, marzo 1979.]


     Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
     e questa siepe, che da tanta parte
     dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
     Ma sedendo e mirando, interminati
     spazi di là da quella, e sovrumani
     silenzi, e profondissima quïete
     io nel pensier mi fingo, ove per poco
     il cor non si spaura. E come il vento
     odo stormir tra queste piante, io quello
     infinito silenzio a questa voce
     vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
     e le morte stagioni, e la presente
     e viva, e il suon di lei. Così tra questa
     immensità s’annega il pensier mio:
     e il naufragar m’è dolce in questo mare.