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Автор книги: Карло Коллоди


Жанр: Сказки, Детские книги


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27
Gran combattimento fra Pinocchio e i suoi compagni: uno de’ quali essendo rimasto ferito, Pinocchio viene arrestato dai carabinieri

Pinocchio ha dato subito una grande occhiata sul mare; ma non ha visto nessun Pescecane. Il mare era tutto liscio.

– O il Pescecane dov’è? – ha domandato, voltandosi ai compagni.

– Sarà andato a fare colazione, – ha risposto uno di loro, ridendo.

– O si sarà buttato sul letto per fare un sonnellino, – ha aggiunto un altro, ridendo più forte che mai.

Da quelle risposte, Pinocchio ha capito che i suoi compagni gli avevano fatto una brutta celia, ha detto loro con voce di bizza:

– E ora? Che sugo[138]138
    Che sugo — Какой смысл


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ci avete trovato a darmi ad intendere la storiella del Pescecane?

– Il sugo c’è sicuro!.. – hanno risposto in coro quei monelli.

– E sarebbe?

– Quello di farti perdere la scuola e di farti venire con noi. Non ti vergogni a mostrarti tutti i giorni così preciso alla lezione? Non ti vergogni a studiare tanto, come fai?

– E se io studio, che cosa ve ne importa?

– A noi ce ne importa moltissimo, perché ci costringi a fare una brutta figura[139]139
    fare una brutta figura – опозорить/производить плохое впечатление


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con il maestro…

– Perché?

– Perché gli scolari che studiano, fanno sempre scomparire quelli, come noi, che non hanno voglia di studiare. E noi non vogliamo scomparire!

– E allora che cosa devo fare per contentarvi?

– Devi prendere a noia, anche tu, la scuola, la lezione e il maestro, che sono i nostri tre grandi nemici.

– E se io voglio seguitare a studiare?

– Noi non ti guarderemo più in faccia!..

– In verità mi fate quasi ridere, – ha detto il burattino.

– Ehi, Pinocchio! – ha gridato allora il più grande di quei ragazzi. – Non venire qui a fare lo smargiasso: non venire qui a far tanto il galletto[140]140
    fare il galletto – петушиться


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! Ricordati che tu sei solo e noi siamo sette.

– Sette come i peccati mortali, – ha detto Pinocchio con una gran risata.

– Pinocchio! chiedici scusa dell’offesa… o se no, guai a te!..

– Cucù! – ha fatto il burattino, in segno di canzonatura.

– Ora il cucù te lo darò io! – ha gridato il più ardito di quei monelli.

E nel dir così gli ha appiccicato un pugno nel capo.

Ma il burattino ha subito risposto con un altro pugno: e lì, da un momento all’altro, il combattimento è diventato generale.

Pinocchio si difendeva come un eroe. Dove i suoi piedi potevano arrivare e toccare, ci lasciavano sempre un livido per ricordo.

Allora i ragazzi hanno pensato bene di mettere mano ai proiettili; e hanno cominciato a scagliare contro di lui i Sillabari, le Grammatiche, i Racconti del Thouar, il Pulcino della Baccini e altri libri scolastici: ma il burattino, che era d’occhio svelto, faceva sempre civetta[141]141
    fare civetta – пригнуться


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a tempo, sicché i volumi andavano tutti a cascare nel mare.

Intanto il combattimento si inferociva sempre più, quando ecco che un grosso Granchio, che era uscito fuori dall’acqua e si era adagio adagio arrampicato fin sulla spiaggia, ha gridato:

– Smettetela, birichini che non siete altro! Queste guerre manesche raramente vanno a finire bene. Qualche disgrazia accade sempre!..

Povero Granchio! Quella birba di Pinocchio gli ha detto:

– Chetati, Granchio dell’uggia! Va’ piuttosto a letto!..

In quel frattempo i ragazzi hanno occhiato lì a poca distanza il fagotto dei libri del burattino, e si sono impadroniti dei libri.

Fra questi libri, c’era un volume rilegato in cartoncino grosso, con la costola e con le punte di cartapecora. Era un Trattato di Aritmetica.

Uno di quei monelli ha aggiunto quel volume, e l’ha scagliato con quanta forza aveva nel braccio: ma invece di cogliere il burattino, ha colto nella testa uno dei compagni; il quale è diventato bianco, e non ha detto altro che queste parole:

– O mamma mia, aiutatemi… perché muoio!..

Poi è caduto disteso sulla rena del lido.

Alla vista di quel morticino, i ragazzi spaventati si sono dati a scappare.

Ma Pinocchio è rimasto lì; è corso a inzuppare il suo fazzoletto nell’acqua del mare e si è posto a bagnare la tempia del suo povero compagno di scuola. E lo chiamava per nome e gli diceva:

– Eugenio!.. povero Eugenio mio!.. apri gli occhi, e guardami!.. Perché non mi rispondi? Apri gli occhi, Eugenio… Se tieni gli occhi chiusi, mi farai morire anche me… O Dio mio! come farò ora a tornare a casa?.. Con che coraggio potrò presentarmi alla mia buona mamma? Che sarà di me?.. Oh! Perché ho dato retta a questi compagni?.. E il maestro me l’aveva detto!.. e la mia mamma me l’aveva ripetuto: – Guardati dai cattivi compagni! – Ma io sono un testardo! E dopo mi tocca a scontarle… Dio mio! Che sarà di me?

E Pinocchio continuava a piangere, quando ha sentito a un tratto un rumore sordo di passi che si avvicinavano.

Si è voltato: erano due carabinieri.

– Che cosa fai costì sdraiato per terra? – hanno domandato a Pinocchio.

– Assisto questo mio compagno di scuola.

– Che gli è venuto male?

– Pare di sì!..

– Altro che male! – ha detto uno dei carabinieri, chinandosi e osservando Eugenio da vicino. – Questo ragazzo è stato ferito in una tempia: chi è che l’ha ferito?

– Io no! – ha balbettato il burattino.

– Se non sei stato tu, chi è stato dunque che l’ha ferito?

– Io no! – ha ripetuto Pinocchio.

– E con che cosa è stato ferito?

– Con questo libro. – E il burattino ha raccattato di terra il Trattato di Aritmetica per mostrarlo al carabiniere.

– E questo libro di chi è?

– Mio.

– Basta così: non occorre altro. Rizzati subito, e vieni via con noi.

– Ma io…

– Via con noi!..

– Ma io sono innocente…

– Via con noi!

Prima di partire, i carabinieri hanno chiamato alcuni pescatori e hanno detto loro:

– Vi affidiamo questo ragazzetto ferito nel capo. Portatelo a casa vostra e assistetelo. Domani torneremo a vederlo.

Quindi si sono volti a Pinocchio e dopo averlo messo in mezzo a loro due, gli hanno intimato:

– Avanti! e cammina spedito!

Il burattino ha cominciato a camminare per quella viottola, che conduceva al paese. Gli pareva di sognare, e che brutto sogno! Era fuori di sé. I suoi occhi vedevano tutto doppio: le gambe gli tremavano. Eppure una spina acutissima gli bucava il cuore: il pensiero, cioè, di dovere passare sotto le finestre di casa della sua buona Fata. Avrebbe preferito piuttosto di morire.

Erano già arrivati e stavano per entrare in paese, quando una folata di vento ha levato di testa a Pinocchio il berretto, portandoglielo lontano una decina di passi.

– Posso andare a riprendere il mio berretto?

– Vai pure.

Il burattino è andato, ha raccattato il berretto… ma invece di metterselo in capo, l’ha messo in bocca fra i denti, e poi ha cominciato a correre verso la spiaggia del mare. Andava via come una palla di fucile.

I carabinieri hanno aizzato dietro un grosso cane mastino, che aveva guadagnato il primo premio a tutte le corse dei cani. Pinocchio correva, e il cane correva più di lui: per cui tutta la gente si affacciava alle finestre e si affollava in mezzo alla strada. Ma il cane mastino e Pinocchio hanno sollevato lungo la strada un tal polverone, che dopo pochi minuti non era possibile di vedere più nulla.

28
Pinocchio corre pericolo di essere fritto in padella, come un pesce

Durante quella corsa disperata, c’era un momento terribile, in cui Pinocchio si è creduto perduto: perché bisogna sapere che Alidoro (era questo il nome del cane mastino) a furia di correre, l’aveva quasi raggiunto.

Basta dire che il burattino sentiva dietro di sé l’ansare affannoso di quella bestia.

Per buona fortuna la spiaggia era ormai vicina e il mare si vedeva lì a pochi passi.

Il burattino ha spiccato un bellissimo salto e è andato a cascare in mezzo all’acqua. Alidoro invece voleva fermarsi; ma trasportato dall’impeto della corsa, è entrato nell’acqua anche lui. E quel disgraziato non sapeva nuotare; per cui ha cominciato subito ad annaspare con le zampe per reggersi a galla[142]142
    reggersi a galla – держаться на плаву/на поверхности


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: ma più annaspava e più andava con il capo sotto acqua.

Quando è tornato a rimettere il capo fuori, il povero cane aveva gli occhi impauriti, e, abbaiando, gridava:

– Affogo! Aiutami, Pinocchio mio!.. salvami dalla morte!..

A quelle grida il burattino si è mosso a compassione, e gli ha detto:

– Ma se io ti aiuto a salvarti, mi prometti di non darmi più noia e di non corrermi dietro?

– Te lo prometto!

Pinocchio ha esitato un poco: ma poi ricordandosi che il suo babbo gli aveva detto tante volte che a fare una buona azione non ci si scapita mai, è andato nuotando a raggiungere Alidoro, e l’ha portato sano e salvo sulla rena del lido.

Il povero cane non si reggeva più in piedi. Aveva bevuto, senza volerlo, tanta acqua salata. E il burattino, non volendo fare a fidarsi troppo, ha stimato cosa prudente di gettarsi nuovamente in mare; e allontanandosi dalla spiaggia, ha gridato all’amico salvato:

– Addio, Alidoro; fa’ buon viaggio e tanti saluti a casa.

– Addio, Pinocchio, – ha risposto il cane; – mille grazie di avermi liberato dalla morte. Tu mi hai fatto un gran servizio.

Pinocchio ha seguito a nuotare, tenendosi sempre vicino alla terra. Finalmente ha visto sugli scogli una specie di grotta, dalla quale usciva un lunghissimo pennacchio di fumo.

– In quella grotta, – ha detto allora fra sé, – ci deve essere del fuoco. Tanto meglio! Andrò a rasciugarmi e a riscaldarmi, e poi?.. e poi sarà quel che sarà.

Si è avvicinato alla scogliera; ma quando è stato lì per arrampicarsi, ha sentito qualche cosa sotto l’acqua che saliva, saliva e lo portava per aria. Ha tentato subito di fuggire, ma ormai era tardi, perché con sua grandissima meraviglia si è trovato rinchiuso dentro una grossa rete in mezzo a un brulichio di pesci.

E nel tempo stesso ha visto un pescatore così brutto, che pareva un mostro marino. Invece di capelli aveva sulla testa un cespuglio foltissimo di erba verde; verde era la pelle del suo corpo, verdi gli occhi, verde la barba lunghissima. Pareva un grosso ramarro.

Quando il pescatore aveva tirato fuori la rete dal mare, ha gridato tutto contento:

– Provvidenza benedetta! Anch’oggi potrò fare una bella scorpacciata di pesce!

– Manco male, che[143]143
    Manco male, che – К счастью/Хорошо еще, что


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io non sono un pesce! – ha detto Pinocchio dentro di sé.

La rete piena di pesci era portata dentro la grotta, una grotta buia, in mezzo alla quale friggeva una gran padella d’olio, che mandava un odorino di moccolaia.

– Ora vediamo un po’ che pesci abbiamo presi! – ha detto il pescatore verde; e ha tirato fuori una manciata di triglie.

– Buone queste triglie! – ha detto, guardandole con compiacenza. E dopo le ha scaraventate in una conca senz’acqua.

Poi ha ripetuto più volte la solita operazione; e via via che cavava fuori gli altri pesci, sentiva venirsi l’acquolina in bocca e gongolando diceva:

– Buoni questi naselli!..

– Squisiti questi muggini!..

– Deliziose queste sogliole!..

– Carine queste acciughe col capo!..

Come potete immaginarvelo, i naselli, i muggini, le sogliole e le acciughe, sono andati tutti alla rinfusa[144]144
    alla rinfusa – беспорядочно/навалом/вперемешку


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nella conca.

L’ultimo che è restato nella rete era Pinocchio.

Appena il pescatore l’aveva cavato fuori, ha sgranato dalla meraviglia i suoi occhioni[145]145
    sgranare gli occhi — вытаращить глаза


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verdi, gridando quasi impaurito:

– Che razza di pesce è questo? Dei pesci fatti a questo modo non mi ricordo di averne mangiati mai!

E è tornato a guardarlo attentamente, e dopo averlo guardato ben bene per ogni verso, ha finito col dire:

– Ho capito: dev’essere un granchio di mare.

Allora Pinocchio ha detto con accento risentito:

– Ma che granchio e non granchio? Guardi come lei mi tratta! Io per sua regola sono un burattino.

– Un burattino? – ha replicato il pescatore. – Dico la verità, il pesce burattino è per me un pesce nuovo! Meglio così! ti mangerò più volentieri.

– Mangiarmi? Ma la vuol capire che io non sono un pesce? O non sente che parlo, e ragiono come lei?

– È verissimo, – ha soggiunto il pescatore, – e siccome vedo che sei un pesce, che hai la fortuna di parlare e di ragionare, come me, così voglio usarti anch’io i dovuti riguardi.

– E questi riguardi sarebbero?..

– In segno di amicizia, lascerò a te la scelta del come vuoi esser cucinato. Desideri esser fritto in padella, oppure preferisci di esser cotto nel tegame?

– A dire la verità, – ha risposto Pinocchio, – preferisco piuttosto di esser lasciato libero.

– Tu scherzi! Ti friggerò in padella assieme a tutti gli altri pesci, e te ne troverai contento.

L’infelice Pinocchio ha cominciato a piangere: e piangendo diceva: – Ho voluto dar retta ai compagni, e ora la pago!

E perché si divincolava come un’anguilla e faceva sforzi incredibili, per sgusciare dalle grinfie del pescatore verde, questo ha preso una bella buccia di giunco, e dopo averlo legato per le mani e per i piedi, l’ha gettato in fondo alla conca cogli altri.

Poi, tirato fuori un vassoio di legno, pieno di farina, si è dato a infarinare tutti quei pesci: e man mano che gli aveva infarinati, li buttava a friggere dentro la padella.

I primi a ballare nell’olio bollente sono stati i poveri naselli: poi ai muggini, poi alle sogliole e alle acciughe, e poi è venuta la volta di Pinocchio. Il quale era preso da tanto tremito e da tanto spavento, che non aveva più né voce né fiato per raccomandarsi.

Il povero figliolo si raccomandava con gli occhi! Ma il pescatore verde l’ha avvoltolato cinque o sei volte nella farina, che pareva diventato un burattino di gesso.

Poi l’ha preso per il capo, e…

29
Ritorna a casa della Fata, la quale gli promette che il giorno dopo non sarà più un burattino, ma diventerà un ragazzo. Gran colazione di caffè-e-latte per festeggiare questo grande avvenimento

Mentre il pescatore era proprio sul punto di buttare Pinocchio nella padella, è entrato nella grotta un grosso cane condotto là dall’odore acutissimo e ghiotto della frittura.

– Passa via![146]146
    Passa via! – Кыш!


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– gli ha gridato il pescatore.

Ma il povero cane aveva una fame per quattro.

– Passa via, ti dico! – gli ha ripetuto il pescatore; e allungò la gamba per tirargli una pedata.

Allora il cane si è rivoltato ringhioso al pescatore, mostrandogli le sue terribili zanne.

In quel mentre si è udita nella grotta una vocina fioca che ha detto:

– Salvami, Alidoro! Se non mi salvi, sono fritto!..

Il cane ha riconosciuto subito la voce di Pinocchio, e si è accorto con sua grandissima meraviglia che la vocina era uscita da quel fagotto infarinato che il pescatore teneva in mano.

Allora che cosa fa? Spicca un gran lancio da terra, abbocca quel fagotto infarinato e tenendolo leggermente con i denti, esce correndo dalla grotta.

Il pescatore, arrabbiatissimo, si è provato a rincorrere il cane; ma fatti pochi passi, gli è venuto un nodo di tosse e si è tornato indietro.

Intanto Alidoro si è fermato e ha posato delicatamente in terra l’amico Pinocchio.

– Ti devo ringraziare! – ha detto il burattino.

– Non c’è bisogno, – ha replicato il cane, – mi hai salvato, e quel che è fatto è reso. Si sa: in questo mondo bisogna tutti aiutarsi l’uno coll’altro.

– Ma come mai sei capitato in quella grotta?

– Ero sempre qui disteso sulla spiaggia più morto che vivo, quando il vento mi ha portato da lontano un odorino di frittura. Quell’odorino mi ha stuzzicato l’appetito, e io gli sono andato dietro.

– Non me lo dire! – ha urlato Pinocchio che tremava ancora dalla paura – Non me lo dire! Se tu arrivavi un minuto più tardi, a quest’ora io ero fritto, mangiato e digerito. Brrr!

Alidoro, ridendo, ha steso la zampa destra verso il burattino, il quale gliel’ha stretta forte forte in segno di grande amicizia: e dopo si sono lasciati.

Il cane ha ripreso la strada di casa: e Pinocchio, rimasto solo, è andato a una capanna lì poco distante, e ha domandato a un vecchietto che stava sulla porta a scaldarsi al sole:

– Dite, galantuomo, sapete nulla di un povero ragazzo ferito nel capo e che si chiamava Eugenio?

– Il ragazzo è stato portato da alcuni pescatori in questa capanna, e ora…

– Ora sarà morto!.. – ha interrotto Pinocchio, con gran dolore.

– No: ora è vivo, ed è già ritornato a casa sua.

– Davvero?.. – ha gridato il burattino, saltando dall’allegrezza. – Dunque la ferita non era grave?..

– Ma poteva riuscire gravissima e anche mortale, – ha risposto il vecchietto, – perché gli hanno tirato nel capo un grosso libro rilegato in cartone.

– E chi gliel’ha tirato?

– Un suo compagno di scuola: un certo Pinocchio…

– E chi è questo Pinocchio? – ha domandato il burattino facendo lo gnorri[147]147
    facendo lo gnorri – прикидываясь дурачком


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.

– E’ un ragazzaccio, un vagabondo…

– Calunnie! Tutte calunnie!

– Lo conosci tu questo Pinocchio?

– Di vista[148]148
    (conoscere qd) di vista — (знать кого-либо) в лицо


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! – ha risposto il burattino.

– E tu che concetto ne hai? – gli ha chiesto il vecchietto.

– A me mi pare un gran buon figliuolo, pieno di voglia di studiare, ubbidiente…

Mentre il burattino diceva queste bugie, si è toccato il naso e si è accorto che il naso gli era allungato più d’un palmo. Allora tutto impaurito ha cominciato a gridare:

– Non date retta, galantuomo, a tutto il bene che ve ne ho detto; perché conosco benissimo Pinocchio e posso assicurarvi anch’io che è davvero un ragazzaccio, un disubbidiente!

Appena aveva pronunciato queste parole, il suo naso è raccorciato e è tornato della grandezza naturale.

– E perché sei tutto bianco? – gli ha domandato il vecchietto.

– Vi dirò… mi sono strofinato a un muro, che era imbiancato di fresco, – ha risposto il burattino, vergognandosi a raccontare che lo avevano infarinato come un pesce.

– O della tua giacchetta, dei tuoi calzoncini e del tuo berretto, che cosa ne hai fatto?

– Ho incontrato i ladri e mi hanno spogliato. Dite, buon vecchio, non avreste per caso da darmi un po’ di vestito?

– Ragazzo mio; in quanto a vestiti, io non ho che un piccolo sacchetto. Se lo vuoi, piglialo: eccolo là.

E Pinocchio ha preso il sacchetto che era vuoto, e dopo averci fatto con le forbici una piccola buca nel fondo e due buche dalle parti, si è infilato a uso camicia. E vestito a quel modo, si è avviato verso il paese.

Ma, lungo la strada, non si sentiva punto tranquillo; e andava dicendo:

– Come farò a presentarmi alla mia buona Fatina? Che dirà quando mi vedrà?.. Vorrà perdonarmi questa seconda birichinata?.. Oh! Non me la perdona di certo…

E’ arrivato al paese che era già notte buia; e perché faceva tempaccio, è andato diritto alla casa della Fata con l’animo risoluto di bussare alla porta e di farsi aprire.

Ma, quando era lì, ha sentito mancarsi il coraggio, e invece di bussare, si è allontanato, correndo, una ventina di passi. Poi è tornato una seconda volta alla porta, e non ha concluso nulla: poi si è avvicinato una terza volta, e nulla: la quarta volta ha preso, tremando, il battente di ferro in mano e ha bussato.

Aspetta, aspetta, finalmente dopo mezz’ora si è aperta una finestra dell’ultimo piano e Pinocchio ha visto una grossa lumaca, che aveva un lumicino acceso sul capo, la quale ha detto:

– Chi è a quest’ora?

– La Fata è in casa? – ha domandato il burattino.

– La Fata dorme e non vuol essere svegliata: ma tu chi sei?

– Sono io!

– Chi io?

– Pinocchio.

– Chi Pinocchio?

– Il burattino, quello che sta in casa con la Fata.

– Ah! ho capito; – ha detto la Lumaca, – aspettami costì, ti apro subito.

– Spicciatevi, per carità, perché io muoio dal freddo.

– Ragazzo mio, le lumache non hanno mai fretta.

Intanto è passata un’ora, sono passate due, e la porta non si apriva: per cui Pinocchio, che tremava dal freddo, dalla paura, ha bussato una seconda volta, e ha bussato più forte.

A quel secondo colpo si è aperta una finestra del piano di sotto e si è affacciata la solita lumaca.

– Lumachina bella, – ha gridato Pinocchio dalla strada, – sono due ore che aspetto! E due ore, a questa serata, diventano più lunghe di due anni. Spicciatevi, per carità.

– Ragazzo mio, – gli ha risposto dalla finestra tutta pace e tutta flemma, – ragazzo mio, le lumache non hanno mai fretta.

E la finestra si è richiusa.

Allora Pinocchio, perduta la pazienza, ha afferrato con rabbia il battente della porta per bussare un colpo da far rintronare tutto il casamento: ma il battente che era di ferro, è diventato a un tratto un’anguilla viva, che è sparita in un rigagnolo d’acqua che scorreva in mezzo alla strada.

– Ah! sì? – ha gridato Pinocchio sempre più accecato dalla collera. – Se il battente è sparito, io seguiterò a bussare a furia di[149]149
    a furia di – с помощью


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calci.

E ha lasciato andare una solennissima pedata nell’uscio della casa. Il colpo era così forte, che il piede è penetrato nel legno fino a mezzo: e quando il burattino si è provato a ricavarlo fuori, era tutta fatica inutile: perché il piede c’era rimasto conficcato dentro, come un chiodo ribadito.

Figuratevi il povero Pinocchio! Ha dovuto passare tutto il resto della notte con un piede in terra e con quell’altro per aria.

La mattina, sul far del giorno, finalmente la porta si è aperta. Quella brava Lumaca, a scendere dal quarto piano fino all’uscio di strada, ci aveva messo solamente nove ore.

– Che cosa fate con codesto piede conficcato nell’uscio? – ha domandato ridendo al burattino.

– È stata una disgrazia. Vedete un po’, Lumachina bella, se vi riesce di liberarmi da questo supplizio.

– Ragazzo mio, costì ci vuole un legnaiolo.

– Pregate la Fata da parte mia!..

– La Fata dorme e non vuol essere svegliata.

– Ma io non voglio inchiodarmi tutto il giorno a questa porta…

– Divertiti a contare le formicole che passano per la strada.

– Portatemi almeno qualche cosa da mangiare.

– Subito! – ha detto la Lumaca.

Difatti dopo tre ore e mezzo, Pinocchio l’ha vista tornare con un vassoio d’argento in capo. Nel vassoio c’era un pane, un pollastro arrosto e quattro albicocche mature.

– Ecco la colazione che vi manda la Fata, – ha detto la Lumaca.

Il burattino ha sentito consolarsi tutto. Ma quale era il suo disinganno, quando incominciando a mangiare, si è dovuto accorgere che il pane era di gesso, il pollastro di cartone e le quattro albicocche di alabastro.

Voleva piangere, voleva buttare via il vassoio e quel che c’era dentro; ma invece, fatto sta che è caduto svenuto.

Quando si è riavuto, si è trovato disteso sopra un sofà, e la Fata era accanto a lui.

– Anche per questa volta ti perdono, – gli ha detto la Fata, – ma guai a te, se me ne fai un’altra delle tue!..

Pinocchio ha promesso e ha giurato che avrebbe studiato, e che si sarebbe condotto sempre bene. E ha mantenuto la parola per tutto il resto dell’anno. Difatti agli esami delle vacanze, ha avuto l’onore di essere il più bravo della scuola; e i suoi portamenti, in generale, sono stati giudicati così lodevoli e soddisfacenti, che la Fata, tutta contenta, gli ha detto:

– Domani finalmente il tuo desiderio sarà appagato!

– Cioè?

– Domani finirai di essere un burattino di legno, e diventerai un ragazzo perbene.

Tutti i suoi amici e compagni di scuola dovevano essere invitati per il giorno dopo a una gran colazione in casa della Fata, per festeggiare insieme il grande avvenimento: e la Fata aveva fatto preparare duecento tazze di caffè-e-latte e quattrocento panini imburrati di dentro e di fuori. Quella giornata prometteva di riuscire molto bella e molto allegra: ma…

Disgraziatamente, nella vita dei burattini, c’è sempre un ma, che sciupa ogni cosa.


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