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Автор книги: Карло Коллоди


Жанр: Сказки, Детские книги


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33
Diventato un ciuchino vero, è portato a vendere, e lo compra il Direttore di una compagnia di pagliacci, per insegnargli a ballare e a saltare i cerchi: ma una sera azzoppisce e allora lo ricompra un altro, per far con la sua pelle un tamburo

Vedendo che la porta non si apriva, l’Omino l’ha spalancata con un violentissimo calcio: ed entrato nella stanza, ha detto con il suo solito risolino a Pinocchio e a Lucignolo:

– Bravi ragazzi! Avete ragliato bene, e io vi ho subito riconosciuti alla voce. E per questo eccomi qui.

A tali parole, i due ciuchini sono rimasti mogi mogi[156]156
    mogi mogi – унылые


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, con la testa giù, con gli orecchi bassi e con la coda fra le gambe.

Da principio l’Omino li ha lisciati, li ha accarezzati, li ha palpeggiati: poi ha cominciato a strigliarli per bene. Allora ha messo loro la cavezza e li ha condotti sulla piazza del mercato, con la speranza di venderli e di beccarsi un discreto guadagno.

Lucignolo è stato comprato da un contadino, e Pinocchio è stato venduto al Direttore di una compagnia di pagliacci e di saltatori di corda, il quale l’ha comprato per ammaestrarlo e per farlo poi saltare e ballare insieme con le altre bestie della compagnia.

E ora avete capito qual era il bel mestiere che faceva l’Omino? Questo brutto mostriciattolo andava con un carro a girare per il mondo: raccoglieva con promesse e con moine tutti i ragazzi, che avevano a noia i libri e le scuole: e dopo averli caricati sul suo carro, li conduceva nel «Paese dei balocchi» perché hanno passato tutto il loro tempo in giochi, in divertimenti. Quando poi quei poveri ragazzi diventavano tanti ciuchini, allora tutto allegro e contento s’impadroniva di loro e li portava a vendere sulle fiere e su i mercati. E così in pochi anni era diventato milionario.

Pinocchio è andato incontro a una vita durissima.

Quando è stato condotto nella stalla, il nuovo padrone gli ha empito la greppia di paglia: ma Pinocchio l’ha risputata.

Allora il padrone, brontolando, gli ha empito la greppia di fieno: ma neppure il fieno gli è piaciuto.

– Ah! non ti piace neppure il fieno? – ha gridato il padrone. – Lascia fare, ciuchino bello, che se hai dei capricci, penserò io a levarteli!..

E a titolo di correzione, gli ha affibbiato subito una frustata nelle gambe.

Pinocchio, dal gran dolore, ha cominciato a piangere e a ragliare, e ragliando ha detto:

– J-a, j-a, la paglia non la posso digerire!..

– Allora mangia il fieno! – ha replicato il padrone, che intendeva benissimo il dialetto asinino.

– J-a, j-a, il fieno mi fa dolere il corpo!..

E il padrone arrabbiandosi sempre più gli ha affibbiato una seconda frustata.

A quella seconda frustata Pinocchio si è chetato subito e non ha detto altro.

Intanto la stalla è stata chiusa e Pinocchio è rimasto solo: e perché erano molte ore che non aveva mangiato, ha cominciato a sbadigliare dal grande appetito.

Alla fine, non trovando altro nella greppia, si è rassegnato a masticare un po’ di fieno: e dopo averlo masticato ben bene, ha chiuso gli occhi e l’ha tirato giù.

– Questo fieno non è cattivo, – poi ha detto dentro di sé. – A quest’ora, invece di fieno, potrei mangiare un cantuccio di pan fresco e una bella fetta di salame! Pazienza!..

La mattina dopo, svegliandosi, ha cercato subito nella greppia un altro po’ di fieno; ma non l’ha trovato, perché l’aveva mangiato tutto nella notte.

Allora ha preso una boccata di paglia tritata; e in quel mentre che la stava masticando, si è dovuto persuadere che il sapore della paglia tritata non somigliava punto né al risotto alla milanese né ai maccheroni alla napoletana.

– Pazienza! – ha ripetuto. – Pazienza!.. pazienza!..

– Pazienza un corno! – ha urlato il padrone, entrando in quel momento nella stalla. – Io ti ho comprato perché tu lavori e perché tu mi fai guadagnare molti quattrini. Vieni con me nel Circo e là ti insegnerò a saltare i cerchi, a rompere col capo le botti di foglio e a ballare il valzer e la polca.

Il povero Pinocchio ha dovuto imparare tutte queste bellissime cose; ma, per impararle, gli ci hanno voluto tre mesi di lezioni, e molte frustate da levare il pelo[157]157
    levare il pelo – сдирать кожу/спустить шкуру


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.

E’ venuto finalmente il giorno, in cui il suo padrone ha potuto annunciare uno spettacolo veramente straordinario. I cartelloni di vario colore dicevano così:


GRANDE SPETTACOLO DI GALA

Per questa sera

Sarà presentato per la prima volta

Il famoso

CIUCHINO PINOCCHIO

Detto

LA STELLA DELLA DANZA

Il teatro sarà illuminato a giorno

Quella sera, come potete figurarvelo, il teatro era pieno stipato[158]158
    pieno stipato – битком набитый


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.

Non si trovava più né una poltrona, né un palco.

Le gradinate del Circo formicolavano di bambini, di bambine e di ragazzi di tutte le età, che avevano la febbre addosso per la smania di veder ballare il famoso ciuchino Pinocchio.

Finita la prima parte dello spettacolo, il Direttore vestito in giubba nera, calzoni bianchi e stivaloni di pelle fin sopra ai ginocchi, si è presentato al pubblico e ha recitato con molta solennità il seguente spropositato discorso: «Rispettabile pubblico, cavalieri e dame! L’umile sottoscritto essendo di passaggio per questa illustre metropolitana, ho voluto procrearmi l’onore nonché il piacere di presentare a questo intelligente e cospicuo uditorio un celebre ciuchino. E col ringraziandoli, aiutateci della vostra animatrice presenza e compatiteci!»

Questo discorso è stato accolto da molti applausi; ma gli applausi si sono raddoppiati alla comparsa del ciuchino Pinocchio in mezzo al Circo. Egli era tutto agghindato a festa. Aveva una briglia nuova di pelle lustra, con fibbie d’ottone; due camelie bianche agli orecchi, e la coda tutta intrecciata con nastri di velluto paonazzo e celeste.

E qui il Direttore ha fatto una profondissima riverenza: quindi volgendosi a Pinocchio, gli ha detto:

– Animo, Pinocchio! Avanti di dare principio ai vostri esercizi, salutate questo rispettabile pubblico, cavalieri, dame e ragazzi!

Pinocchio, ubbidiente, ha piegato subito i due ginocchi davanti, e è rimasto inginocchiato fino a tanto che il Direttore, schioccando la frusta, non gli ha gridato:

– Al passo!

Allora il ciuchino si è rizzato sulle quattro gambe, e ha cominciato a girare intorno al Circo, camminando sempre di passo.

Dopo un poco il Direttore ha gridato:

– Al trotto! – e Pinocchio, ubbidiente al comando, ha cambiato il passo in trotto.

– Al galoppo! – e Pinocchio ha staccato il galoppo.

– Alla carriera! – e Pinocchio si è dato a correre di gran carriera. Ma in quella che correva come un barbero, il Direttore, alzando il braccio in aria, ha scaricato un colpo di pistola.

A quel colpo il ciuchino, fingendosi ferito, è caduto disteso nel Circo.

Rizzatosi da terra in mezzo a uno scoppio di applausi, d’urli, gli è venuto fatto naturalmente di alzare la testa e di guardare in su… e guardando, ha visto in un palco una bella signora, che aveva al collo una grossa collana d’oro dalla quale pendeva un medaglione. Nel medaglione c’era dipinto il ritratto d’un burattino.

– Quel ritratto è il mio!.. quella signora è la Fata! – ha detto dentro di sé Pinocchio: e lasciandosi vincere dalla gran contentezza, si è provato a gridare:

– Oh Fatina mia! oh Fatina mia!..

Ma invece di queste parole, gli è uscito dalla gola un raglio così sonoro e prolungato, che ha fatto ridere tutti gli spettatori.

Allora il Direttore, per insegnargli e per fargli intendere che non è buona creanza di mettersi a ragliare in faccia al pubblico, gli ha dato con il manico della frusta una bacchettata[159]159
    una bacchettata – удар палкой


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sul naso.

Il povero ciuchino, tirato fuori un palmo di lingua, ha durato a leccarsi il naso almeno cinque minuti.

Ma quale è stata la sua disperazione quando, voltandosi in su una seconda volta, ha visto che il palco era vuoto e che la Fata era sparita!..

Si è sentito come morire: ha cominciato a piangere. Il Direttore, schioccando la frusta, ha gridato:

– Da bravo, Pinocchio! Ora farete vedere a questi signori con quanta grazia sapete saltare i cerchi.

Pinocchio si è provato due o tre volte: ma ogni volta che arrivava davanti al cerchio, invece di attraversarlo, ci passava di sotto. Alla fine ha spiccato un salto e l’ha attraversato: ma le gambe di dietro gli sono rimaste disgraziatamente impigliate nel cerchio: motivo per cui è ricaduto in terra dall’altra parte.

Quando si è rizzato, era azzoppito, e a malapena[160]160
    a malapena – с трудом, едва


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ha potuto ritornare alla scuderia.

– Fuori Pinocchio! Vogliamo il ciuchino! Fuori il ciuchino! – gridavano i ragazzi dalla platea, impietositi e commossi al tristissimo caso.

Ma il ciuchino per quella sera non si è fatto più rivedere.

La mattina dopo il veterinario, quando l’aveva visitato, ha dichiarato che sarebbe rimasto zoppo per tutta la vita.

Allora il Direttore ha detto al suo garzone di stalla:

– Sarebbe un mangiapane. Portalo dunque in piazza e rivendilo.

Arrivati in piazza, hanno trovato subito il compratore, il quale ha domandato al garzone di stalla:

– Quanto vuoi di codesto ciuchino zoppo?

– Venti lire.

– Io ti do venti soldi. Lo compro unicamente per la sua pelle. Vedo che ha la pelle molto dura, e con la sua pelle voglio fare un tamburo.

Fatto sta che il compratore ha condotto il ciuchino sulla riva del mare; e messogli un sasso al collo e legatolo per una zampa con una fune che teneva in mano, gli ha dato improvvisamente uno spintone e l’ha gettato nell’acqua.

Pinocchio è andato subito a fondo: e il compratore, tenendo sempre stretta in mano la fune, si è posto a sedere sopra uno scoglio.

34
Pinocchio, gettato in mare, è mangiato dai pesci e ritorna ad essere un burattino come prima: ma mentre nuota per salvarsi, è ingoiato dal terribile Pescecane

Dopo cinquanta minuti che il ciuchino era sotto acqua, il compratore ha detto, discorrendo da sé solo:

– A quest’ora il mio povero ciuchino zoppo deve essere affogato. Ritiriamolo dunque su, e facciamo con la sua pelle questo bel tamburo.

E ha cominciato a tirare la fune: e tira, tira, alla fine ha visto apparire a fior d’acqua… indovinate? Invece di un ciuchino morto, ha visto un burattino vivo.

Vedendo quel burattino di legno, il pover’uomo ha creduto di sognare e è rimasto intontito, a bocca aperta e con gli occhi fuori della testa.

Poi ha detto piangendo:

– E il ciuchino che ho gettato in mare dov’è?..

– Quel ciuchino son io! – ha risposto il burattino, ridendo.

– Tu?

– Io.

– Ah! mariuolo! Pretenderesti forse di burlarti di me?

– Burlarmi di voi? Tutt’altro, caro padrone: io vi parlo sul serio.

– Ma come mai tu, che poco fa eri un ciuchino, ora sei diventato un burattino di legno?..

– Sarà effetto dell’acqua del mare.

– Bada burattino, bada!.. Non credere di divertirti alle mie spalle[161]161
    divertirsi alle spalle (di qualcuno) – смеяться (над кем-то)


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! Guai a te, se mi scappa la pazienza!

– Ebbene, padrone; volete sapere tutta la vera storia? Scioglietemi questa gamba e io ve la racconterò.

Quel compratore, curioso di conoscere la vera storia, gli ha sciolto subito il nodo della fune, che lo teneva legato: e allora Pinocchio, trovandosi libero come un uccello nell’aria, ha preso a dirgli così:

– Sappiate dunque che io ero un burattino di legno, come sono oggi: ma mi trovavo a tocco e non tocco di diventare un ragazzo, come in questo mondo ce n’è tanti: se non che per la mia poca voglia di studiare e per dar retta ai cattivi compagni, sono scappato di casa… e un bel giorno mi sono trovato cambiato in un somaro!.. Che vergogna è stata quella per me!.. Sono stato comprato dal Direttore di una compagnia equestre, il quale voleva fare di me un gran ballerino e un gran saltatore di cerchi: ma una sera, durante lo spettacolo, ho fatto in teatro una brutta cascata e sono rimasto zoppo da tutt’e due le gambe. Allora il Direttore mi ha mandato a rivendere, e voi mi avete comprato!..

– Pur troppo! E ti ho pagato venti soldi. E ora chi mi rende i miei poveri venti soldi?

– E perché mi avete comprato? Voi mi avete comprato per fare con la mia pelle un tamburo!..

– Pur troppo! E ora dove troverò un’altra pelle?..

– Non vi date alla disperazione, padrone. Ci sono tanti ciuchini in questo mondo!

– Dimmi, monello; e la tua storia finisce qui?

– No, – ha risposto il burattino, – ci sono altre due parole, e poi è finita. Dopo avermi comprato, mi avete condotto in questo luogo per uccidermi, ma poi, cedendo a un sentimento pietoso d’umanità, avete preferito di legarmi un sasso al collo e di gettarmi in fondo al mare. Questo sentimento di delicatezza vi onora moltissimo. Per altro, caro padrone, questa volta avete fatto i vostri conti senza la Fata…

– E chi è questa Fata?

– È la mia mamma, la quale somiglia a tutte quelle buone mamme, che vogliono un gran bene ai loro ragazzi, e li assistono in ogni disgrazia, anche quando questi ragazzi meriterebbero di essere abbandonati e lasciati in balia di sé stessi[162]162
    lasciare qd in balia di se stesso – оставить кого-либо на произвол судьбы


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. Dicevo, dunque, che la buona Fata, appena mi ha visto in pericolo di affogare, ha mandato subito intorno a me un branco infinito di pesci, i quali hanno cominciato a mangiarmi! E che bocconi che facevano!!.. Chi mi ha mangiato gli orecchi, chi mi ha mangiato il muso, chi il collo e la criniera, chi la pelle delle zampe, chi la pelliccia della schiena… e, fra gli altri, c’era un pesciolino così garbato, che ha degnato perfino di mangiarmi la coda.

– Da oggi in poi, – ha detto il compratore, – faccio giuro di non assaggiare più carne di pesce. Mi dispiacerebbe troppo di aprire una triglia o un nasello fritto e di trovargli in corpo una coda di ciuco!

– Io la penso come voi, – ha replicato il burattino, ridendo. – Quando i pesci hanno finito di mangiarmi tutta quella buccia asinina, che mi copriva dalla testa ai piedi, sono arrivati, com’è naturale, all’osso… o per dire meglio, sono arrivati al legno. Ma dopo quei pesci si sono accorti subito che il legno non era ciccia per i loro denti[163]163
    non era ciccia per i loro denti – было им не по зубам


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, e sono andati via chi in qua, chi in là. Ed eccovi raccontato come voi, tirando su la fune, avete trovato un burattino vivo, invece d’un ciuchino morto.

– Io mi rido della tua storia, – ha gridato il compratore imbestialito. – Io so che ho speso venti soldi per comprarti, e rivoglio i miei quattrini. Sai che cosa farò? Ti porterò al mercato, e ti rivenderò a peso di legno per accendere il fuoco nel caminetto.

– Rivendetemi pure: io sono contento, – ha detto Pinocchio.

Ma nel dire così, ha fatto un bel salto e è schizzato in mezzo all’acqua. E nuotando allegramente e allontanandosi dalla spiaggia, gridava al povero compratore:

– Addio, padrone; se avete bisogno di una pelle per fare un tamburo, ricordatevi di me.

E poi rideva e seguitava a nuotare: e dopo un poco urlava più forte:

– Addio, padrone; se avete bisogno di un po’ di legno per accendere il caminetto, ricordatevi di me.

Si era tanto allontanato, che non si vedeva quasi più.

Intanto che Pinocchio nuotava alla ventura, ha visto in mezzo al mare uno scoglio che pareva di marmo bianco, e su in cima allo scoglio, una bella capretta che belava e gli faceva segno di avvicinarsi.

La cosa più singolare era questa: che la lana della capretta era tutta turchina, ma d’un turchino così sfolgorante, che rammentava moltissimo i capelli della bella Bambina.

Lascio pensare a voi se il cuore del povero Pinocchio ha cominciato a battere più forte! Raddoppiando di forza e di energia si è dato a nuotare verso lo scoglio bianco: ed era già a mezza strada, quando è uscita un’orribile testa di mostro marino, con la bocca spalancata, e tre filari di zanne.

Quel mostro marino era quel Pescecane.

Immaginatevi lo spavento del povero Pinocchio, alla vista del mostro. Ha cercato di scansarlo, di cambiare strada: ha cercato di fuggire: ma quella immensa bocca spalancata gli veniva sempre incontro con la velocità di una saetta.

– Affrettati, Pinocchio! – gridava belando la bella capretta.

E Pinocchio nuotava disperatamente con le braccia, con il petto, con le gambe e con i piedi.

– Corri, Pinocchio, perché il mostro si avvicina!..

E Pinocchio, raccogliendo tutte le sue forze, raddoppiava di lena nella corsa.

– Bada, Pinocchio!.. il mostro ti raggiunge!.. Eccolo!.. Eccolo!.. Affrettati per carità, o sei perduto!..

E Pinocchio a nuotare più lesto che mai, e via, e via, e via, come anderebbe una palla di fucile. E già si accostava allo scoglio, e già la capretta gli porgeva le sue zampine davanti per aiutarlo a uscire fuori dell’acqua… Ma!..

Ma oramai era tardi! Il mostro lo aveva raggiunto. Il mostro ha bevuto il povero burattino, e l’ha inghiottito con tanta violenza, che Pinocchio, cascando giù in corpo al Pescecane, ha battuto un colpo da restare sbalordito per un quarto d’ora.

Quando è ritornato in sé, non sapeva raccapezzarsi dove è. Intorno a sé c’era da ogni parte un gran buio: ma un buio così nero e profondo, che gli pareva di essere entrato con il capo in un calamaio pieno d’inchiostro.

E’ stato in ascolto e non ha sentito nessun rumore: solamente di tanto in tanto sentiva battersi nel viso alcune grandi buffate di vento. Bisogna sapere che il Pescecane soffriva moltissimo d’asma.

Pinocchio si è ingegnato di farsi un po’ di coraggio: ma quando ha capito che è chiuso in corpo al mostro marino, allora ha cominciato a piangere; e piangendo diceva:

– Aiuto! aiuto! Oh povero me! Non c’è nessuno?

– Chi sei, disgraziato?.. – ha detto in quel buio una voce fessa di chitarra scordata.

– Chi è che parla così? – ha domandato Pinocchio.

– Sono io! sono un povero Tonno, inghiottito dal Pescecane insieme con te. E tu che pesce sei?

– Io sono un burattino.

– E allora, se non sei un pesce, perché ti sei fatto inghiottire dal mostro?

– Non son io, che mi sono fatto inghiottire: gli è lui che mi ha inghiottito! Ed ora che cosa dobbiamo fare qui al buio?..

– Rassegnarsi e aspettare quando il Pescecane ci digerirà tutti e due!..

– Ma io non voglio essere digerito! – ha urlato Pinocchio, ricominciando a piangere.

– Neppure io vorrei essere digerito! – ha soggiunto il Tonno, – ma io sono abbastanza filosofo e mi consolo pensando che, quando si nasce Tonni, c’è più dignità a morire sott’acqua che sott’olio!..

– Scioccherie! – ha gridato Pinocchio.

– La mia è un’opinione, – ha replicato il Tonno, – e le opinioni, come dicono i Tonni politici, vanno rispettate!

– Insomma… io voglio andarmene di qui… io voglio fuggire…

– Fuggi, se ti riesce!..

– È molto grosso questo Pescecane che ci ha inghiottiti? – ha domandato il burattino.

– Figurati che il suo corpo è più lungo di un chilometro senza contare la coda.

Nel tempo che facevano questa conversazione al buio, è parso a Pinocchio di vedere lontano una specie di chiarore.

– Che cosa sarà mai quel lumicino lontano? – ha detto Pinocchio.

– Sarà qualche nostro compagno di sventura[164]164
    un compagno di sventura – товарищ по несчастью


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, che aspetterà come noi il momento di essere digerito!..

– Voglio andare a trovarlo. Addio, Tonno.

– Addio, burattino: e buona fortuna.

– Dove ci rivedremo?..

– Chi lo sa?.. È meglio non pensarci neppure!

35
Pinocchio ritrova in corpo al Pescecane… chi ritrova? Leggete questo capitolo e lo saprete

Pinocchio si è mosso brancolando in mezzo a quel buio, e camminando a tastoni dentro il corpo del Pescecane, si è avviato un passo dietro l’altro verso quel piccolo chiarore che vedeva lontano.

E nel camminare ha sentito che i suoi piedi sguazzavano in una pozzanghera d’acqua grassa.

E più andava avanti, e più il chiarore si faceva rilucente e distinto: finché, cammina cammina, alla fine è arrivato: e quando era arrivato… ha trovato una piccola tavola, con sopra una candela accesa infilata in una bottiglia di cristallo verde, e seduto a tavola un vecchiettino tutto bianco.

A quella vista il povero Pinocchio ha avuto un’allegrezza grande e inaspettata. Voleva ridere, voleva piangere; e invece mugolava e balbettava delle parole sconclusionate. Finalmente, spalancando le braccia e gettandosi al collo del vecchietto, ha cominciato a urlare:

– Oh! babbino mio! finalmente vi ho ritrovato! Ora poi non vi lascio più, mai più, mai più!

– Dunque gli occhi mi dicono il vero? – ha replicato il vecchietto. – Dunque tu sei proprio il mio caro Pinocchio?

– Sì, sì, sono io, proprio io! E voi mi avete già perdonato, non è vero? Oh! babbino mio, come siete buono!.. e pensare che io, invece… Oh! ma quante disgrazie mi sono piovute sul capo e quante cose mi sono andate a traverso! Figuratevi che il giorno che voi, povero babbino, col vendere la vostra casacca, mi avete comprato l’Abbecedario per andare a scuola, io sono scappato a vedere i burattini, e il burattinaio mi voleva mettere sul fuoco che è stato quello poi che mi ha dato cinque monete d’oro, ma poi io ho trovato la Volpe e il Gatto, che mi hanno condotto all’Osteria del Gambero Rosso, dove hanno mangiato come lupi, e di notte ho incontrato gli assassini che si sono messi a corrermi dietro, e io via, e loro dietro, e io via, finché mi hanno impiccato a un ramo della Quercia Grande, dove la bella Bambina dai capelli turchini mi ha mandato a prendere con una carrozzina, e i medici hanno detto subito: – «Se non è morto, è segno che è sempre vivo» – e allora mi è scappata una bugia, e il naso ha cominciato a crescermi e non mi passava più dalla porta di camera, motivo per cui sono andato con la Volpe e con il Gatto a sotterrare le quattro monete d’oro, che una l’avevo spesa all’Osteria, e il pappagallo si è messo a ridere, e viceversa di duemila monete non ho trovato più nulla, la quale il Giudice quando ha saputo che ero stato derubato, mi ha fatto subito mettere in prigione, per dare una soddisfazione ai ladri, di dove, col venire via, ho visto un bel grappolo d’uva in un campo, che sono rimasto preso alla tagliola e il contadino di santa ragione mi ha messo il collare da cane, che ha riconosciuto la mia innocenza e mi ha lasciato andare, e il Serpente, con la coda che gli fumava, ha cominciato a ridere e gli si è strappata una vena sul petto, e così sono ritornato alla casa della bella Bambina, che era morta, e il Colombo vedendo che piangevo mi ha detto: «Ho visto il tuo babbo che si fabbricava una barchettina per venirti a cercare», e io gli ho detto: «Oh! Vorrei avere l’ali anch’io», e lui mi ha detto: «Vuoi venire dal tuo babbo?», e io gli ho detto: «Magari! ma chi mi ci porta?», e lui mi ha detto: «Ti ci porto io», e io gli ho detto: «Come?», e lui mi ha detto: «Montami sulla groppa», e così abbiamo volato tutta la notte, poi la mattina tutti i pescatori che guardavano verso il mare mi hanno detto: «C’è un pover’uomo in una barchetta che sta per affogare», e io da lontano vi ho riconosciuto subito, perché me lo diceva il cuore, e vi ho fatto segno di tornare alla spiaggia…

– Ti ho riconosciuto anch’io, – ha detto Geppetto, – e sarei volentieri tornato alla spiaggia: ma come fare? Il mare era grosso e un cavallone ha rovesciato la barchetta. Allora un orribile Pescecane che era lì vicino, è corso subito verso di me, e tirata fuori la lingua e mi ha inghiottito.

– E quant’è che siete chiuso qui dentro? – ha domandato Pinocchio.

– Da quel giorno in poi, saranno oramai due anni: due anni, Pinocchio mio, che mi sono parsi due secoli!

– E come avete fatto a campare? E dove avete trovata la candela?

– Ora ti racconterò tutto. Devi dunque sapere che quella medesima burrasca, che ha rovesciato la mia barchetta, ha fatto anche affondare un bastimento mercantile. I marinai si sono salvati tutti, ma il bastimento è calato a fondo e il solito Pescecane che quel giorno aveva un appetito eccellente, dopo avere inghiottito me, ha inghiottito anche il bastimento…

– Come? L’ha inghiottito tutto in un boccone?.. – ha domandato Pinocchio.

– Tutto in un boccone: e ha risputato solamente l’albero maestro[165]165
    l’albero maestro – грот-мачта


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, perché gli era rimasto fra i denti come una lisca. Per mia gran fortuna, quel bastimento era carico non solo di carne conservata in cassette di stagno, ma di biscotto, di bottiglie di vino, d’uva secca, di caffè, di zucchero, di candele e di scatole di fiammiferi di cera. Con tutta questa grazia di Dio ho potuto campare due anni: ma oggi non c’è più nulla, e questa candela, che vedi accesa, è l’ultima candela…

– E dopo?..

– E dopo, caro mio, rimarremo tutt’e due al buio.

– Allora, babbino mio, – ha detto Pinocchio, – non c’è tempo da perdere. Bisogna pensare subito a fuggire…

– A fuggire?.. e come?

– Scappando dalla bocca del Pescecane e gettandosi a nuoto in mare.

– Tu parli bene: ma io non so nuotare.

– E che importa?.. Voi mi monterete a cavalluccio sulle spalle e io, che sono un buon nuotatore, vi porterò sano e salvo fino alla spiaggia.

– Illusioni, ragazzo mio! – ha replicato Geppetto. – Ma com’è possibile?

– Provatevi e vedrete!

E senza dire altro, Pinocchio ha preso in mano la candela, e andando avanti per fare lume, ha detto al suo babbo:

– Venite dietro a me, e non abbiate paura.

E così hanno camminato, e hanno traversato tutto il corpo e tutto lo stomaco del Pescecane. Ma giunti al punto dove cominciava la spaziosa gola del mostro, hanno pensato bene di fermarsi per dare un’occhiata e cogliere il momento opportuno alla fuga.

Ora bisogna sapere che il Pescecane, essendo molto vecchio e soffrendo d’asma e di palpitazione di cuore, era costretto a dormire a bocca aperta: per cui Pinocchio ha potuto vedere al di fuori[166]166
    al di fuori — за пределами


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di quell’enorme bocca spalancata un bel pezzo di cielo stellato e un bellissimo lume di luna.

– Questo è il vero momento di scappare, – ha bisbigliato allora voltandosi al suo babbo. – Il Pescecane dorme come un ghiro: il mare è tranquillo. Venite dunque, babbino, dietro a me, e fra poco saremo salvi.

Detto fatto, sono saliti su per la gola del mostro marino, e arrivati in quell’immensa bocca, hanno cominciato a camminare in punta di piedi sulla lingua. E già stavano per fare il gran salto e per gettarsi a nuoto nel mare, quando il Pescecane ha starnutito, e nello starnutire, ha dato uno scossone così violento, che Pinocchio e Geppetto si sono trovati rimbalzati all’indietro e scaraventati nuovamente in fondo allo stomaco del mostro.

Nel grand’urto della caduta la candela si è spenta, e padre e figliolo sono rimasti al buio.

– E ora?.. – ha domandato Pinocchio.

– Ora, ragazzo mio, siamo perduti.

– Perché perduti? Datemi la mano, babbino!

– Dove mi conduci?

– Dobbiamo ritentare la fuga.

Ciò detto, Pinocchio ha preso il suo babbo per la mano: e camminando sempre in punta di piedi, sono risaliti insieme su per la gola del mostro: poi hanno traversato tutta la lingua e hanno scavalcato i tre filari di denti.

Prima però di fare il gran salto, il burattino ha detto al suo babbo:

– Montatemi a cavalluccio sulle spalle e abbracciatemi forte forte. Al resto ci penso io.

Appena Geppetto si è stato accomodato sulle spalle del figliolo, il bravo Pinocchio si è gettato nell’acqua e ha cominciato a nuotare. Il mare era tranquillo come un olio: la luna splendeva in tutto il suo chiarore e il Pescecane seguitava a dormire di un sonno profondo.


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